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Com più vi fere Amor
co' suoi vincastri, più li vi fate in ubidirlo presto, ch'altro consiglio, ben lo vi protesto, non vi si può già dar: chi vuol, l'incastri. Poi, quando fie stagion, coi dolci impiastri farà stornarvi ogni tormento agresto, ché 'l mal d'Amor non è pesante il sesto ver ch'è dolce lo ben. Dunque ormai lastri vostro cor lo cammin per seguitare lo suo sommo poder, se v'ha sì punto come dimostra 'l vostro buon trovare; e non vi disviate da lui punto, ch'ellil sol può tutt'allegrezza dare e' suoi serventi meritare a punto.
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Voi, donne #
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«Voi, donne, che pietoso atto mostrate, chi è esta donna che giace si venta? sarebbe quella ch'è nel mio cor penta? Deh, s'ella è dessa, più non mel celate. Ben ha le sue sembianze si cambiate, e la figura sua mi par si spenta, ch'al mio parere ella non rappresenta quella che fa parer l'altre beate». «Se nostra donna conoscer non pòi, ch'è si conquisa, non mi par gran fatto, però che quel medesmo avvenne a noi. Ma se tu mirerai il gentil atto de li occhi suoi, conosceraila poi: non pianger più, tu se' già tutto sfatto».
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Io son venuto #
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Io son venuto al punto de la rota che l'orizzonte, quando il sol si corca, ci partorisce il geminato cielo, e la stella d'amor ci sta remota per lo raggio lucente che la 'nforca sì di traverso che le si fa velo; e quel pianeta che conforta il gelo si mostra tutto a noi per lo grand'arco nel qual ciascun di sette fa poca ombra: e però non disgombra un sol penser d'amore, ond'io son carco, la mente mia, ch'è più dura che petra in tener forte imagine di petra. Levasi de la rena d'Etiopia lo vento peregrin che l'aere turba, per la spera del sol ch'ora la scalda; e passa il mare, onde conduce copia di nebbia tal, che, s'altro non la sturba, questo emisperio chiude tutto e salda; e poi si solve, e cade in bianca falda di fredda neve ed in noiosa pioggia, onde l'aere s'attrista tutto e piagne: e Amor, che sue ragne ritira in alto pel vento che poggia, non m'abbandona, sì è bella donna questa crudel che m'è data per donna. Fuggito è ogne augel che 'l caldo segue del paese d'Europa, che non perde le sette stelle gelide unquemai; e li altri han posto a le lor voci triegue per non sonarle infino al tempo verde, se ciò non fosse per cagion di guai; e tutti li animali che son gai di lor natura, son d'amor disciolti, però che 'l freddo lor spirito ammorta: e 'l mio più d'amor porta; ché li dolzi pensier non mi son tolti né mi son dati per volta di tempo, ma donna li mi dà c'ha picciol tempo. Passato hanno lor termine le fronde che trasse fuor la vertù d'Ariete per adornare il mondo, e morta è l'erba; ramo di foglia verde a noi s'asconde se non se in lauro, in pino o in abete o in alcun che sua verdura serba; e tanto è la stagion forte ed acerba, c'ha morti li fioretti per le piagge, li quai non poten tollerar la brina: e la crudele spina però Amor di cor non la mi tragge; per ch'io son fermo di portarla sempre ch'io sarò in vita, s'io vivesse sempre. Versan le vene le fummifere acque per li vapor' che la terra ha nel ventre, che d'abisso li tira suso in alto; onde cammino al bel giorno mi piacque che ora è fatto rivo, e sarà mentre che durerà del verno il grande assalto; la terra fa un suol che par di smalto, e l'acqua morta si converte in vetro per la freddura che di fuor la serra: e io de la mia guerra non son però tornato un passo a retro, né vo' tornar; ché se 'l martiro è dolce, la morte de' passare ogni altro dolce. Canzon, or che sarà di me ne l'altro dolce tempo novello, quando piove amore in terra da tutti li cieli, quando per questi geli amore è solo in me, e non altrove? Saranne quello ch'è d'un uom di marmo, se in pargoletta fia per core un marmo. che avete li occhi di bellezze ornati e la mente d'amor vinta e pensosa, perché raccomandati vi sian li detti miei ovunque sono: e 'nnanzi a voi perdono la morte mia a quella bella cosa che me n'ha colpa e mai non fu pietosa.
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Lo doloroso amor #
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Lo doloroso amor che mi conduce a fin di morte per piacer di quella che lo mio cor solea tener gioioso, m'ha tolto e toglie ciascun di la luce che avean li occhi miei di tale stella che non credea di lei mai star doglioso: e 'l colpo suo, c'ho portato nascoso, omai si scopre per soverchia pena, la qual nasce del foco che m'ha tratto di gioco, si ch'altro mai che male io non aspetto; e 'l viver mio (omai esser de' poco) fin a la morte mi sospira e dice: «Per quella moro c'ha nome Beatrice». Quel dolce nome, che mi fa il cor agro, tutte fiate ch'i' lo vedrò scritto mi farà nuovo ogni dolor ch'io sento; e de la doglia diverrò si magro de la persona e 'l viso tanto afflitto, che qual mi vederà n'avrà pavento. Ed allor non trarrà sì poco vento che non mi meni, si ch'io cadrò freddo; e per tal verrò morto, e 'l dolor sarà scorto con l'anima che sen girà si trista; e sempre mai con lei starà ricolto, ricordando la gio' del dolce viso, a che niente par lo paradiso. Pensando a quel che d'Amore ho provato, l'anima mia non chiede altro diletto, né il penar non cura il quale attende; ché, poi che 'l corpo sarà consumato, se n'anderà l'amor che m'ha si stretto con lei a Quel ch'ogni ragione intende; e se del suo peccar pace no i rende, partirassi col tormentar ch'è degna, si che non ne paventa; e starà tanto attenta d'imaginar colei per cui s'è mossa, che nulla pena avrà ched ella senta; si che, se 'n questo mondo l'ho perduto, Amor ne l'altro men darà trebuto. Morte, che fai piacere a questa donna, per pietà, innanzi che tu mi discigli, va' da lei, fatti dire perché m'avvien che la luce di quigli che mi fan tristo, mi sia cosi tolta: se per altrui ella fosse ricolta, falmi sentire, e trarrà' mi d'errore, e assai finirò con men dolore.
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