| AMOR - COME PAROLA ESSENZIALE
Amor - come parola essenziale dia inizio alla canzone e la sostanzi. Amor guidi il mio verso e, nel guidarlo, unisca anima e sesso, membro e vulva.
Chi osa dir di lui che é solo anima? Chi non sente nel corpo l'anima espandersi fino a sbocciare in un vivido grido d'orgasmo, in un istante d'infinito?
Il corpo avvinghiato a un altro corpo, fuso, dissolto, torna all'origine degli esseri, che Platone vide completi: é uno, in due perfetto: due in uno.
Integrazione a letto o già nel cosmo? Dove ha fine la stanza e giunge agli astri? Che forza qui nei fianchi ci trasporta a quell'estrema regione, eterea, eterna?
Al delizioso tocco della clitoride, tutto, ecco, si trasforma, in un baleno. In un minuscol punto di quel corpo, la fonte, il fuoco, il miele si concentrano.
La penetrazione via via squarcia le nubi e svela soli tanto sfolgoranti che mai l'umana vista ha sopportato, ma, trafitto di luce, continua il coito.
E continua e si estende in tale guisa che, oltre noi, oltre la stessa vita, come attiva astrazione che si fa carne, l'idea di godere sta godendo.
E in un patir di gaudio, tra parole, anzi di meno, suoni, ansimi, ahi, solo un piacere in noi raggiunge l'apice: é quando l'amore muore d'amor, divino.
Quante volte moriamo l'uno nell'altro, nell'umida caverna vaginale, di quella morte che é dolce più del sonno: la quiete dei sensi, soddisfatta.
Allora si instaura la pace. Pace di dei, adagiati sul letto, come statue vestite di sudore, grate per quanto ad un dio aggiunge l'amor terreno.
ERA UN MATTINO DI SETTEMBRE
Era un mattino di settembre e lei mi baciava il membro
Aerei e nuvole passavano cori neri rimbombavano lei mi baciava il membro
Il mio tempo di ragazzo il mio tempo ancor futuro tutti insieme rifiorivano
Lei mi baciava il membro
Un uccellino cantava, nel cuore dell'albero, nel cuor della terra, di me, della morte
Morte e primavera in fiore si disputavano l'acqua chiara acqua che accresceva la sete
Lei mi baciava il membro
Tutto quello che ero stato quanto mi era già negato non aveva ormai più senso
Solo la rosa contratta il tallo ardente, una fiamma e quell'estasi nell'erba
Lei mi baciava il membro
Di tutti i baci era il più casto in quella purezza spoglia che é delle cose donate
Non era omaggio di schiava avviluppata nell'ombra ma regalo di regina
che diventava cosa mia mi circolava nel sangue e dolce e lento e vagante
come bacio di una santa nel più divino trasporto e in un fremito solenne
baciava baciava il membro
Pensando al resto degli uomini che pena avevo di loro prigionieri in questo mondo
Il mio impero si estendeva a tutta la spiaggia deserta e ad ogni senso all'erta
Lei mi baciava il membro
Il capitolo dell'essere il mistero di esistere la delusione d'amare
eran tutto onde silenti spente su moli lontani e una città si ergeva
radiosa di pietre rare e di odi ormai placati e sulla brezza il piacere
veniva a portarmi via se prima non mi afflosciava come un capello si alliscia
e mi scombussolava in cerchi tutti concentrici nella foschia dell'universo
Baciava il membro baciava e se ne moriva baciando per rinascere a settembre
IL CULO, CHE MERAVIGLIA
Il culo, che meraviglia. E' tutto un sorriso, non é mai tragico.
Non gli importa cosa c'é sul davanti del corpo. Il culo si basta. Esiste dell'altro? Chissà, forse i seni. Mah! - sussurra il culo - quei marmocchi ne hanno ancora di cose da imparare.
Il culo sono due lune gemelle in tondo dondolio. Va da solo con cadenza elegante, nel miracolo d'essere due in uno, pienamente.
Il culo si diverte per conto suo. E ama. A letto si agita. Montagne s'innalzano, scendono. Onde che battono su una spiaggia infinita.
Eccolo che sorride il culo. E' felice nella carezza di essere e ondeggiare. Sfere armoniose sul caos.
Il culo é il culo, fuori misura.
SENZA CHE LO CHIEDESSI, MI HAI FATTO LA GRAZIA
Senza che lo chiedessi, mi hai fatto la grazia di magnificare il mio membro. Senza che lo sperassi, sei caduta in ginocchio in posizione pia. Quello che è stato non è stato sepolto. Per sempre e un giorno il pene riceve la pietà osculante della tua bocca.
Oggi non ci sei né so dove sarai, nell'impossibilità totale di un gesto o di un messaggio. Non ti vedo non ti sento non ti stringo ma la tua bocca è presente, adorante.
Adorante.
Non credevo d'avere tra le cosce un dio.
SOAVE BOCCA ERRANTE
Soave bocca errante in superficie fino a trovare il punto ove t'aggrada cogliere il frutto a fuoco che non sarà mangiato ma fruito finché non s'esaurisce il succo caldo e lui ti lascia, o tu lo lasci, flaccido, ma rugiadoso di bava di delizie che frutto e bocca si permettono, dono.
Bocca soave e saggia, impaziente di succhiare e segregare intero, in te, il tallo rigido ma folle di piacere al confinarsi nel limitato spazio che tu offri al suo volume e getto appassionati, come puoi diventare, così aperta, ricurvo cielo infinito e sepoltura?
Soave bocca e santa, che piano piano vai sfogliando la liquida schiuma del piacere in muto rito, lenta-leccante-lecchillusoriamente legata alla forma eretta quasi fossero la bocca il frutto, e il frutto la bocca, no, basta, basta, basta, basta bermi, uccidermi e, da morto, vivermi.
So già cos'é l'eternità: é puro orgasmo.
DONNA CHE GIRA NUDA PER LA CASA
Donna che gira nuda per la casa tutto mi ammanta di una grande pace. Non é nudità datata, provocante. E' un girar di nudità vestita, innocenza di sorella e bicchier d'acqua.
Il corpo neppure lo si nota al ritmo che lo porta. Passano curve in stato di purezza, dando alla vita un nome: castità.
Peli che affascinavano non turbano. Seni, natiche (tacito armistizio) riposano dalla guerra. E anch'io riposo.
NON VOGLIO ESSERE L'ULTIMO A MANGIARTI
Non voglio essere l'ultimo a mangiarti. Se allora non ho osato, adesso é tardi. Non soffia più l'antica fiamma e berti non placherebbe sete che non arde
nella mia bocca secca di volerti, di desiderarti tanto e senza vanto, fame che non riusciva a sopportarti così pasto di tanti, ed io codardo
in attesa che pulissi tutto il seme che su anima e corpo ancor di scorre, ed arrivassi, intatta, rifiorita,
per ingaggiare con me la lotta estrema che rendesse l'intera nostra vita un fiammeggiante, universale poema.
NEL PICCOLO MUSEO SENTIMENTALE
Nel piccolo museo sentimentale i fili di quei peli ben legati da piccoli laccetti di nastrino sono quanto mi resta oggi dei monti, quelli che ho visitati, monti di Venere.
Io sfioro, accarezzo la nera flora, ed é ancora nera, in questo bianco totale del tempo estinto in cui io, pastor fellante, pascevo quei ricci profumati, anelli neri, serpentelli passionali, presso lo specchio che con loro rimava, in un baleno.
I movimenti vivi nel passato s'avvolgono ai fili che mi parlano di ansimi perduti rinascenti in baci che dalla bocca scivolavano verso l'abisso di resine e di fiori.
Sto baciando la memoria di quei baci.
QUELLE FEMMINE GOLOSE
Quelle femmine golose che si succhiano un ghiacciolo - dice un saggio che sa tutto - sono donne con carenze e lo succhiano pian piano, pare succhino una verga, e succhiandolo ben sanno che all'istante si dissolve nell'inganno del piacere il ghiacciolo fuggitivo come in mente si dissolve quell'immaginario pene.
SI FERMA IL SESSO SPIRANDO
Si ferma il sesso spirando, io mi giro, spirante. Fonte della mia vita, in te m'avvolgo e affondo. Amore, amore, amore - il braciere raggiante che mi dà, con l'orgasmo, la spiegazione del mondo.
Povera carne senile, che vibra insoddisfatta, la mia si ribella alla morte annunciata. Voglio ancora invadere quell'angusto anfratto dove il maggior diletto mi propizia l'amata.
Domani, mai più. Oggi stesso, forse, mi si congela il nervo, mi svanisce il piacere prima che, deliziosa, cessi l'esplorazione.
L'orgasmo dunque coroni l'ora della mia fine e possa io partire, l'essere nella pienezza, imperlando di seme l'eremo irreparabile.
|